Illustration of a person sitting and reflecting in front of a powerful question. © Recipes for Wellbeing

Un po’ di sano scetticismo

Il compito davvero difficile non è mai trovare le risposte giuste. È trovare la domanda giusta. ―Peter Drucker

👥 Serve: Nessun limite di persone

🎚 Difficoltà: Media

⏳ Tempo totale: 45 minuti

🥣 Ingredienti: Curiosità, umiltà, 1 foglio di carta (per partecipante), 1 penna (per partecipante), 1 timer, libri “Factfulness” di Hans Rosling e  “Questions are the Answer” di Hal Gregersen (se siete curiosi e volete saperne di più!)

💪 Valori nutrizionali: Consapevolezza, Prospettiva, Flessibilità, Pensiero critico, Analisi

Illustration of a person sitting and reflecting in front of a powerful question. © Recipes for Wellbeing
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Un po’ di sano scetticismo

📝 Descrizione

Imparare ad elaborare le informazioni per combattere le fake news.

Viviamo in tempi entusiasmanti. L’avvento di Internet ci ha permesso di accedere a qualsiasi informazione in un paio di clic. A tal punto che oggi il problema non è la mancanza di accesso alle informazioni, ma il fatto che abbiamo accesso a troppe! Naturalmente, siamo consapevoli che questo discorso non è applicabile a tutti gli esseri umani, ma riguarda la maggior parte di noi.

Se da un lato l’accessibilità alle informazioni è un vantaggio dei nostri tempi, dall’altro, purtroppo, può anche essere problematico perché non tutte le informazioni sono degne della nostra attenzione. Ma ancora più problematico è che non tutte le informazioni a cui siamo esposti sono accurate. Grazie alla velocità di distribuzione delle informazioni, oggi, le fake news sono un fenomeno diffuso. Pertanto, mantenere un po’ di sano scetticismo è fondamentale ora più che mai per curare le informazioni che riceviamo.

Che cosa s’intende per scetticismo sano?

  1. Mantenere uno scetticismo sano significa essere curiosi. Significa riconoscere che siamo affamati di conoscenza e che siamo alla ricerca della verità oggettiva, invece della verità che è più comoda o conveniente – siamo alla ricerca della verità che è indipendente dai nostri pregiudizi individuali.
  2. Mantenere uno scetticismo sano significa anche essere umili. Significa che siamo pronti ad accogliere e accettare la verità oggettiva quando salta fuori, anche quando questo comporta dover cambiare idea.
  3. Soprattutto, mantenere uno scetticismo sano vuol dire concentrarsi su come pensare piuttosto che su cosa sapere. Ha meno a che fare con l’accumulazione di informazioni e più con il metodo di elaborazioni delle informazioni stesse. Nella vita, dovremo affrontare nuove situazioni, esperienze, sfide, ecc. e per navigarle con successo, conta di più il modo in cui pensiamo di quello che sappiamo.

Sulla curiosità e l’umiltà

La curiosità e l’umiltà sono i due elementi importanti per sviluppare e mantenere un po’ di sano scetticismo. Ci aiutano anche ad apprezzare la nostra umanità, perché sì, c’è un limite a quello che possiamo sapere e questo limite dovrebbe renderci umili e allo stesso tempo fieri della nostra notevole capacità di imparare. Attraverso la curiosità possiamo attivare la nostra capacità di apprendimento, ma l’umiltà è importante per tenere vivo il nostro interesse.

Fare domande

Mantenere un sano scetticismo significa che quando ci vengono presentate delle informazioni, le approcciamo con curiosità, facendo domande: Come faccio a sapere se questa informazione è vera o no? È un fatto o un’opinione? Si basa su dati? Chi ha i dati? I dati provengono da una fonte affidabile? Ci sono prove che la convalidano? Chi può beneficiare della diffusione di questa informazione? Queste sono alcune delle domande che possiamo fare per scavare più a fondo. L’intenzione non è quella di rifiutare categoricamente le informazioni, ma di capire meglio per sapere che cosa fare con le informazioni ricevute.

Tuttavia, è importante osservare che non tutte le domande hanno lo stesso valore. Alcune domande sono più utili di altre e un indicatore di una buona domanda è se ci aiuta a organizzare il nostro pensiero su ciò che non sappiamo. Se la risposta alla nostra domanda ci avvicina alla verità oggettiva, allora siamo sulla strada giusta. È interessante notare che la capacità di porre la domanda giusta deriva dal poter esplorare un set di domande. Per questo, abbiamo bisogno di un ambiente in cui le domande sono benvenute e celebrate, indipendentemente dalla loro qualità. La seguente ricetta vi guida attraverso un’attività chiamata “Question Burst” (ovvero domande a raffica) che vi aiuta ad esplorare le domande e può essere fatta individualmente o in gruppo, a seconda del vostro contesto.

Questa attività è stata gentilmente donata dalla nostra partner di contenuti sul benessere Nadya Saib di Wangsa Jelita ed è stata inserita nel loro 2021 Well-being Journey Journal. È stata ispirata dall’esperienza di Nadya nella MasterClass The Cosmic Perspective di Neil deGrasse Tyson e dai libri Factfulness di Hans Rosling (con Ola Rosling e Anna Rosling Ronnlund) e Questions are the Answer di Hal Gregersen.

👣 Procedimento

Step 1 – Preparazione (10’)

Prendete un foglio di carta e una penna. Selezionate l’argomento che volete esplorare e scrivetelo in cima alla pagina. Prima di iniziare, prendetevi un momento per riflettere sulle vostre emozioni a riguardo dell’argomento: Come mi sento riguardo a questo argomento? Scrivete quello che emerge. Se state facendo questo esercizio in gruppo, assicuratevi che tutti sappiano qual è l’argomento senza dare troppi dettagli che includano la vostra opinione. Date modo al vostro gruppo di condividere brevemente le loro riflessioni iniziali.

Step 2 – Generazione di domande (4’)

Impostate un timer a quattro minuti. Trascorrete i prossimi quattro minuti a scrivere tutte le domande che vi vengono in mente sull’argomento. Non concentratevi sulle risposte. Non sono ammessi commenti o giudizi – solo domande.

Step 3 – Capire le domande (16’)

Quando il tempo è scaduto, analizzate le domande che avete scritto. Selezionate quelle che vi aiutano a organizzare i vostri pensieri. È ora di andare più in profondità: vi consigliamo di usare il metodo classico dei “cinque perché” che consiste nel chiedere “perché” cinque volte di fila. Per esempio: Perché penso che questa domanda sia importante? Perché è importante la ragione che ho dato alla domanda precedente? Questo processo vi aiuta a ottenere più chiarezza sull’argomento che avete scelto. Ponetevi 5 domande sul perché per ciascuna delle domande principali che avete selezionato.

Step 4 – Decidere il proprio impegno (10’)

Decidete cosa volete fare in seguito. Se l’argomento è qualcosa che vi interessa, agite.

Step 5 – Conclusione (5’)

Per chiudere l’attività, riflettete di nuovo sulle emozioni evocate, chiedendo a voi stessi (e al gruppo): Come mi sento sull’argomento dopo questo esercizio? Se siete in gruppo, permettete a tutti di condividere rapidamente le loro riflessioni.

Step 6 – La testimonianza personale è “personale”

È importante ricordare che le testimonianze personali sono “personali”. Per esempio: una persona condivide sui social che il consumo di un particolare alimento la aiuta a mantenersi in salute. Quando gli si presentano queste informazioni, uno scettico sano cercherà prove valide per dimostrare la verità dell’affermazione. Tuttavia, non sempre si tratta di indagare quale qualifica ha quella persona per fare un’affermazione. Tutti noi dovremmo essere in grado di condividere le nostre opinioni e discutere di qualsiasi cosa, a patto che ci impegniamo a condividere informazioni basate su prove. 

Inoltre, si prega di notare che c’è una differenza tra condividere e influenzare. Se si tratta solo di condividere, non importa ciò che la gente dice e/o scrive. Tuttavia, la maggior parte di noi ha, in una certa misura, il potere di influenzare gli altri, il che ci richiede di agire in modo responsabile.

Come ricevitore di informazioni: Solo perché qualcuno ha influenza su di noi, non significa che dobbiamo accettare tutto ciò che condivide come verità oggettiva. Dobbiamo ricordarci che la testimonianza personale è personale.

Come divulgatori di informazioni: Dobbiamo allenarci ad essere più consapevoli delle parole che scegliamo quando condividiamo informazioni. Per esempio, “Il libro è utile” non è la stessa cosa di “Penso che il libro sia utile”. Se l’informazione è soggettiva, è meglio inquadrarla come tale iniziando con: Io penso…, Io sento…, Io credo…, Mi piace…, La mia ipotesi è…, Le mie osservazioni sono…, La mia opinione è…, La mia esperienza è…, La mia ipotesi è… Questi sono alcuni suggerimenti per condividere una testimonianza personale. E ogni volta che vogliamo condividere una prospettiva con la sua evidenza, possiamo dire “Questo è il mio riferimento per…”.

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